Pronto soccorso

Arrivo al triage, logicamente stai male. Non ci sono sedie per i pazienti, la rimanenza occupati dalle stirpe dei familiari di altri pazienti, amici di amici, che logicamente stanno bene. Nessuno consiglia di lasciare il posto libero ai pazienti in attesa, con guardie del corpo e polizia davanti. Magari per la prossima volta e, spero di no, porterò la sedia pieghevole e il tavolino da casa... ci si deve attrezzare per una partita a carte e una birra. Aspetto alzato per ore, osservo gente che chiede continuamente quando viene chiamata, stile film "non aprire quella porta", senza bussare. Entrano come quando non ti chiudi la porta del bagno a chiavi, per indenderci. Altri minacciano di entrare a tutti i costi (stile Guerre Stellari). Lo scopo è solo entrare. I medici parlano in dialetto, anche agli sportelli. Pare tutta una famiglia sistemica allargata. Per i turisti ci vuole l'interprete o Google Translate; il dialetto convince di più, sostituisce il paraverbale e deriva dalla parte più arcaica del mesencefalo. Gente che esce senza mascherine dai reparti, davanti alla presenza dell'equipe medica... forse anche gli stessi, tanto ormai "me so sbrigato " o "so vaccinato"; riguardate i video delle telecamere che inquadrano i corridoi, per ricordarvi le regole anti Covid da far seguire, magari le ricordiamo noi a voi. Dopo mezz'ora arriva la sanificazione con la "vaporella" per caso Covid sospetto. Ci fanno uscire tutti, come quando devi lasciare una casa in affitto al momento. Mi visitano. Osservo un medico con i sandali rialzati e fashion da lungomare. Per carità, meriti di complimenti, ma quando t'arriva il codice rosso gli di dici "aooo n'attimo che mi metto i sandali sanitari e vengo". Naturalmente sono all'altezza con qualche centimetro in più. Si potrebbe dire "fatti i fatti toi a Cutron"... e no cari, per la salute, i fatti sono nostri e non vostri! #storiedivita